Intelligenze artificiali per la pace. Le domande che ci poniamo

 

 

Tutorial in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

di don Christian Barone, Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

 

Sono don Christian Barone, teologo del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Le nuove tecnologie digitali basate sull’intelligenza artificiale, sono sempre più presenti nelle nostre vite. Pensiamo a quante attività svolgiamo quotidianamente attraverso il nostro smartphone, tablet o computer.

Ci troviamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione digitale.

Ci sono due modi per accoglierla: possiamo subirla, riceverla per inerzia, magari usufruendo casualmente di alcune utilità che ne derivano, ma con il rischio di diventare un ingranaggio inconsapevole del sistema; oppure, provare a conoscerla, informandoci e scegliendo intenzionalmente quali benefici trarne.

Nel MGMP24 papa Francesco ci esorta ad acquisire più strumenti – sia individuali che collettivi – per gestire l’influenza che già oggi le AI esercitano su di noi. Assumere una responsabilità in grado di rispondere alle sfide poste dalle tecnologie digitali sul versante etico, giuridico, educativo, significa costruire per le generazioni che verranno un futuro di giustizia e pace, in cui si riconoscano priorità e centralità alla dignità e ai diritti della persona umana.

Ma cosa c’è davvero di diverso nella “rivoluzione digitale” rispetto alle grandi innovazioni tecnologiche del passato (come l’invenzione della stampa, del telefono o dell’automobile)?

Anzitutto, le nuove tecnologie presentano delle caratteristiche che le rendono molto più pervasive e onnipresenti nella nostra quotidianità. Ne è riprova il fatto che spesso non ci accorgiamo nemmeno del loro silenzioso operato.

Mentre gli strumenti costruiti in precedenza dall’uomo sono serviti per trasformare il mondo fisico, le tecnologie digitali sono strumenti che processano una realtà immateriale: l’informazione. Dal momento che intervengono nella produzione, immagazzinamento e gestione della conoscenza, possono esercitare un significativo impatto sul modo in cui si sviluppa l’intelligenza umana.

Le tecnologie digitali, infatti, ci trasferiscono ogni giorno una quantità di dati che supera enormemente la capacità del nostro cervello di elaborarle. L’impossibilità di gestire tante informazioni può comportare un impoverimento delle facoltà cognitive di pensiero e di giudizio critico.

Ridurre l’attenzione significa anche indebolire la nostra sensibilità verso il mondo che ci circonda, la natura e le relazioni che intessiamo con agli altri. Ecco perché l’attenzione è un bene prezioso, una risorsa umana fondamentale, che dobbiamo imparare a custodire al pari dell’aria e dell’acqua.

Un’ulteriore domanda che possiamo porci è questa: come operano le AI?

Il loro punto di forza consiste attualmente nel fatto di imparare con l’esperienza.

L’espressione machine learning è stata coniata per indicare la loro capacità di migliorare automaticamente le proprie prestazioni: non vengono codificati dall’uomo per elaborare le informazioni, ma addestrati ad imparare dai dati.

Gli algoritmi di apprendimento lavorano in modo statistico e spesso non sanno giustificare le loro decisioni, corrette o errate che siano, neppure di fronte ai loro creatori. Per questo vengono spesso definiti come sistemi a “scatola nera”. La natura opaca del machine learning rappresenta, dunque, un limite importante degli algoritmi di apprendimento. L’imperscrutabilità dei processi decisionali automatizzati potrebbe comportare il rischio di parzialità e dare luogo a discriminazioni su basi etnico-razziali, di genere e di ideologia.

Anziché rappresentare quel grande fattore di uguaglianza che si pensava all’inizio, le AI – con le loro distorsioni algoritmiche – potrebbero non essere più neutrali dell’uomo nel prendere decisioni determinanti nel cambiare la vita di un individuo.

È ragionevole considerare una macchina più affidabile o imparziale di un professionista umano?

Sono interrogativi che vale la pena affrontare, senza per questo disconoscere o stigmatizzare il grande potenziale di bene che le AI possono offrire, in tanti ambiti e sotto vari aspetti, allo sviluppo umano integrale.

Autore: don Christian Barone
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