Cos’è la “povertà educativa digitale”?

 

La “povertà educativa digitale” non corrisponde unicamente alla privazione dei dispositivi e di accesso alla rete, e neppure alla negata partecipazione alla didattica digitale integrata, che sono di fatto fenomeni mappati da numerose ricerche realizzate nel periodo di emergenza sanitaria.

Si fa riferimento, qui, alla mancata acquisizione di competenze digitali che sono i nuovi alfabeti necessari nella società postmediale per analizzare la produzione e la fruizione dei diversi contenuti digitali. Citando la definizione dell’Atlante di Save the Children “la povertà educativa digitale si riferisce quindi alla privazione delle opportunità per apprendere, ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, critico e creativo degli strumenti digitali”.

Facciamo un passo indietro dicendo che si deve a Save The Children, Ong con forte capacità di advocacy, l’aver introdotto il costrutto di povertà educativa – a partire dal 2014 – per allargare a più sfaccettature il costrutto di povertà economica (assoluta e relativa, usato dall’ISTAT). Se l’indice di povertà educativa rileva le opportunità di un territorio – non di una singola famiglia/persona – l’idea di povertà educativa digitale fa riferimento alle competenze digitali del singolo.

L’idea di povertà educativa digitale, dunque, è stata costruita coniugando due paradigmi interpretativi per la “competenza digitale”. Un primo, basato su una prospettiva dei diritti, si ispira al quadro di riferimento per le competenze digitali dell’Unione Europea Digital Competencies 2.1 (2017), integrando anche la Strategia dell’Unione Europea sui Diritti dell’Infanzia (2021) ed il Commento Generale alla Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza delle Nazioni Unite riguardo ai diritti dei minori in relazione all’ambiente digitale (2021). Un secondo  paradigma, quello delle New Literacy, è più attenta alla dinamicità e alla transdisciplinarietà delle competenze e sottolinea come un approccio segmentato tradisce la “vocazione di cittadinanza” della competenza digitale.

Testo: Stefano Pasta

Autore: Stefano Pasta