La Comunicazione alla luce della Santa Pasqua

di don Paolo Padrini, consigliere di WeCa e direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Tortona

“Il Signore è risorto e ha vinto la morte!”

La Pasqua è l’evento centrale della nostra fede. Tutti noi lo sappiamo.
Non ovviamente un evento passato, ma un evento “vivo”, che in qualche modo realizziamo ogni volta che annunciamo, oggi, che il Signore è veramente risorto.

C’è un tema che non si può dimenticare, pensando alla Pasqua: la Pasqua non è un evento silenzioso, destinato a rimanere chiuso dentro una stanza, una casa, una parte della società….
La Pasqua è evento annunciato! Evento che chiede di essere detto, proclamato, annunciato, perché è evento di vita che coinvolge la vita, la nostra vita.

E quale contenuto può avere la nostra comunicazione – che poi è la nostra vita, se non la Pasqua, la vittoria che Cristo viene a portare sulle “morti” presenti nella nostra vita?

A volte, anzi…troppo spesso…pensiamo alla comunicazione riducendola a una serie di tecniche. A volte pensiamo anche ai suoi contenuti (cosa lodevole, per carità….) ma lo facciamo pensando che siano delle cose da dire, da proporre, da fare.

La Pasqua viene a ricordarci invece che nella nostra comunicazione deve realizzarsi l’evento dell’incontro tra il Cristo crocifisso e risorto, e il cuore di ogni uomo – nessuno escluso.
Un incontro che è il frutto del desiderio di amore di Cristo: perché il Signore…ci ama da morire! Ci ama con tutto l’amore che ha donandoci la vera vita.

Ogni donna, ogni uomo, lo sappiamo in fondo ha solo bisogno di questo: incontrare Gesù Cristo risorto.
E Gesù, lo sappiamo, vuole con tutto il cuore offrirci la sua vita: Gesù ci ama da morire! Letteralmente. E per noi muore e risorge per donarci la vita che ognuno di noi desidera: la vita quella vera.

Ogni volta che comunichiamo, dobbiamo quindi chiederci, alla luce della Pasqua: la mia comunicazione è cristiana? In questo momento, mentre comunico con l’altro, sono per lui…Gesù Cristo? Le mie parole non possono essere solo “mie”, ma devono nascere dalle sue. Il mio perdono non può avere la misura del mio piccolo cuore, ma la misura del suo amore che perdona, guarisce e salva.

E allora dobbiamo farci delle domande.
Nell’atto di comunicare, ad esempio sui social, sto aprendo al mio fratello e sorella vie di vera libertà? Sto creando luoghi di pace, luoghi di luce, luoghi di vero amore dove “parlare col cuore”?
Sto offrendo all’altro uno spazio di dialogo aperto, sincero, oppure lo sto chiudendo in un sepolcro sigillato dalla pietra del mio “ego”? E ancora: quando parlo all’altro, sto amando o sto giudicando? Sto chiudendo la porta del mio recinto o sto aprendo le porte della casa di Dio che anche io abito per sua “grazia”?

Papa Francesco ci ha invitato in questo ultimi anni ad ascoltare ed a parlare con il cuore, ricordandoci prima di tutto che il nostro cuore deve essere pieno di Cristo, della sua luce e del suo amore. L’ascoltare ed il parlare del cuore non sono una sorta di modalità sentimentale della nostra comunicazione. Sono prima di tutto il mettersi in sintonia con chi ci dona il “cuore puro” ovvero Gesù. E Cristo il cuore ce lo purifica con la sua Pasqua, liberandoci dal peccato e dalla morte ed aprendo il nostro cuore alla vita.

Ascoltare e parlare con il cuore, significa di fatto, ascoltare e parlare con il Cuore di Gesù.
E Gesù, lo sappiamo bene, ha il cuore di carne, tocca la nostra carne, la nostra vita; ed allo stesso tempo ci chiede di trasformare la nostra comunicazione in “carne”. Concretamente.
Cosa significa questo?
Significa che la nostra comunicazione non può non essere comunicazione che accarezza le ferite dei poveri. Non può che essere comunicazione che solleva le cadute, che aiuta a rialzarsi; il nostro comunicare deve essere fatto con il cuore, ma anche con le mani.
Non possiamo tenere i pugni chiusi quando comunichiamo: al contrario dobbiamo farlo con le mani aperte, nel gesto del dono e della carezza.
La comunicazione è anche “questione di sguardo”: non possiamo comunicare con gli occhi chiusi sul mondo, altrimenti saremmo solo degli egoisti che hanno il cuore pieno di sé, e centrano tutto su sé stessi. Non possiamo dimenticare gli altri, perché dimenticheremmo anche Dio; come non possiamo mai dimenticare Dio altrimenti non riusciremmo a vedere gli altri…come fratelli.
La comunicazione è anche…questione di gambe! Non possiamo stare fermi quando comunichiamo; dobbiamo invece andare verso gli altri, camminare nella missione, che poi è l’evangelizzazione.
Camminare significa anche saper sfidare le novità con lo sguardo positivo della fede, significa non avere paura delle novità, di ciò che il mondo ci mette davanti.

La comunicazione è infine, questione di…desiderio.
Dobbiamo vivere la comunicazione con il desiderio di portare a tutti la voce di Gesù che ama. Non dobbiamo mai farci bastare i nostri confini che diventano limiti, perché l’evangelizzazione non ha limiti!
Perché l’amore che Cristo, a Pasqua, ci dona, non ha limiti!
Buona Pasqua da tutta la comunità di WECA

 

Autore: don Paolo Padrini