Nessuno si salva da solo. Il messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace

Tutorial in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

 

Mi ha molto sorpreso il Messaggio per la Giornata mondiale della pace che papa Francesco ci ha inviato quest’anno. È un testo che abbandona il linguaggio piuttosto diplomatico usato spesso dai papi per parlare ai potenti della terra. Questo non significa che il papa rinunci a interrogare chi sta in alto e ha grandi responsabilità. Ma lo fa in un modo che ci coinvolge tutti. «Nessuno può salvarsi da solo»: questo è il punto che vuole toccare. E si tratta non di una esortazione generica, ma di ciò che dal suo punto di vista dovremmo avere sotto gli occhi, chiaro, inequivocabile. Un fatto così concreto da rendere assurdi i conflitti in cui l’umanità – e a volte anche la Chiesa – si sta perdendo.

C’è un’immagine con cui papa Francesco è come se entrasse a casa nostra a condividere un momento di turbamento che immagino molti abbiano provato. La trova in quello che probabilmente è il più antico testo del Nuovo Testamento, la lettera ai Tessalonicesi: è l’immagine di un ladro che viene di notte. Il papa vuole ricordare così l’impatto, tre anni fa, della pandemia. Il Covid – dice – ci ha fatto piombare nel cuore della notte, ha destabilizzato la nostra vita ordinaria, ha messo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ha ribaltato la nostra apparente tranquillità, ha generato disorientamento e sofferenza, ha causato la morte di tanti nostri fratelli e sorelle. Un ladro violento, terribile.

C’è qualcosa di molto difficile da ammettere, soprattutto fra persone adulte. È la nostra debolezza. Non se ne parla volentieri. Dobbiamo sempre mostrarci forti. A questo papa non importa nulla del politicamente corretto e in modo molto netto, molto onesto, riconosce che la pandemia – dice – “ha toccato i nervi scoperti” dell’assetto sociale ed economico. Se ci pensate, è il Messaggio per la giornata della pace e qui si tocca ciò che sta all’inizio di ogni scontro, di ogni aggressione: i nostri nervi scoperti. Eravamo partiti dall’andrà tutto bene – ricordate? – e in genere ci rassicuriamo, ci motiviamo ripetendo che dalle crisi si esce migliori. E invece il papa scrive – lo leggo – «Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità». I nostri nervi scoperti.

Bene, detto questo, non dobbiamo dimenticare che il ladro di cui parla san Paolo è però il Signore, nel suo “giorno”, che viene sì a sorpresa, ma non per distruggere. Insomma, quello che ci sorprende, quel che viene a mettere a soqquadro le abitudini può anche essere un amore, un’intuizione nuova, qualcosa di grande che non ci abbandona più. La pace è una grande visione, una di quelle intuizioni che dopo la Seconda guerra mondiale ha preso l’umanità. Quando papa Paolo VI, alla fine del 1967, ha inventato per il 1° gennaio la Giornata mondiale della pace si era in piena guerra del Vietnam, nello scontro fra superpotenze, e si temeva un affievolirsi di quel sogno. Anche papa Francesco ci invita ora a tenere vive le esperienze che durante la pandemia ci hanno unito e ci hanno aperto la mente. Lo scrive: non è automatico. Può esserci rimasto molto male addosso e possiamo essere presi totalmente dall’andare oltre, dal voltare pagina. E di fatto è già stato per molti così.

Con che risultato? Guardiamoci attorno. Rendiamoci conto. Scrive San Paolo: “Non dormiamo!”. Non dormire vuole dire che tutti, ma proprio tutti – da noi semplici cittadini ai grandi leader mondiali – dobbiamo riconoscere: «Nessuno si salva da solo». Almeno questo la pandemia ce lo ha insegnato, scavalcando ogni frontiera disegnata artificialmente. La storia, quella reale, è che ci apparteniamo a vicenda. E come in ogni casa, più siamo legati più litighiamo. Correndo però rischi sempre più grandi: rischi per la casa comune – una terra che soffre, pensiamo all’incidenza dei nostri conflitti, dei consumi e di tante diseguaglianze sul cambiamento climatico – e rischi per la nostra stessa sopravvivenza. Si investe su armamenti da apocalisse, che non tengono conto di quei nostri nervi scoperti. “Perché?” Sembra un grido quello di papa Francesco. Dobbiamo ascoltarlo ricordando le immagini di lui solo in piazza sotto la pioggia il 27 marzo 2020. Un leader, un padre, capace di dire anche alla pancia dell’umanità: siamo sulla stessa barca. Che state facendo? Non avete ancora fede?

C’è un potenziale che quest’uomo attiva e, che sia piccola o grande la nostra fede, non possiamo non assecondarlo. Siamo legati: non è una cattiva notizia, non è una minaccia. È la grande opportunità anche per la nostra autonomia, per il contributo di ciascuno, per la mia e la tua differenza. Tutto è connesso: serve il tuo e il mio sapere, serve la presenza dell’altro, servono persino i suoi interessi che bilanciano e sono un argine ai miei. Non esiste un problema che si possa risolvere senza più sguardi. Non c’è idea che possa crescere senza più contributi. Questa è la realtà. I nostri nervi scoperti rischiano di distruggerne la trama meravigliosa come si strappa un vestito.

Certo è una prospettiva, questa, che cambia tutto. Per secoli non ci siamo concepiti e descritti così. Siamo però alla resa dei conti, a un cambiamento d’epoca. Quello che fino a qualche decennio fa poteva sembrare retorica – Siamo fratelli, tutti – ora è questione di vita o di morte, di futuro, di pari opportunità, di vita in abbondanza. Nella Scrittura la pace – shalom – è vita in abbondanza. Dove sei tu, dove sono io, dove vogliamo essere, dove vogliamo andare? Abbiamo da «lasciarci cambiare il cuore» – dice papa Francesco -, abbiamo da «permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà». È un’avventura collettiva, è il grande sogno per la nostra generazione: “insieme”.

Testi: don Sergio Massironi, area teologica del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

Autore: don Sergio Massironi